Attualmente ci troviamo in un momento storico in Italia, ma anche in Europa, caratterizzato da un alto tasso di inflazione. Ma qualcuno ci guadagna in questa situazione? Cerchiamo di capire qualcosa in più.
Il problema dell’inflazione in Italia e in Europa è un problema che tocca tutti noi e che ad oggi rappresenta una difficoltà che grava sull’economia del nostro Paese. Con l’aumento generalizzato dei prezzi si assiste ad una progressiva diminuzione del potere di acquisto della moneta che pesa sulle famiglie italiane aggravando le già presenti difficoltà economiche. In questi giorni il tema è stato affrontato da numerosi personaggi influenti dello scenario economico del nostro Paese e tutti sono d’accordo su una cosa, se l’inflazione è così alta è in parte colpa delle imprese che hanno alzato i prezzi in seguito all’aumento delle materie prime senza però abbassarli una volta ridotti i rincari. Ma cosa è successo?
L’inflazione in Italia
Si legge dalle ultime notizie, che l’inflazione in Italia è in diminuzione. Se a febbraio era al 9,1% a marzo la percentuale è scesa al 7,6% secondo i dati ISTAT ma comunque il problema rimane perchè è un tasso che risulta in aumento rispetto all’anno precedente e in ogni caso, da un punto di vista dei prezzi, non sembrano esserci buone notizie.
Secondo l’Unione Nazionale Consumatori (Unc) infatti, ad esempio sul costo della spesa alimentare, il carrello ha avuto un aumento di “781 euro a famiglia, che arriva a 963 euro per una coppia con un figlio, a 1.062 euro per una coppia con due figli e 1.259 euro per una coppia con tre o più figli” come affermato da Massimiliano Dona, presidente di Unc.
I prezzi che erano stati aumentati dalle imprese, in seguito ai nuovi costi delle materie prime cresciuti molto velocemente fino alla scorsa estate, sembrano essersi stabilizzati. Poche diminuzioni dunque da parte delle aziende e ancora difficoltà per famiglie ad arrivare a fine mese.
L’aumento delle materie prime e il ruolo delle imprese
Non è un segreto che in seguito allo scoppio del conflitto Ucraino, ci sia stato un aumento generalizzato dei costi delle materie prime che hanno causato un conseguente aumento dei prezzi di tutti i beni, gas, energia, petrolio e grano ad esempio. Sulla base di questo scenario dunque le imprese hanno dovuto, necessariamente, adattarsi per rimanere in piedi e guadagnare.
Ma ad oggi, questi aumenti sono ancora giustificati? Negli ultimi sei mesi i prezzi delle materie prime sembrerebbero essersi sgonfiati. Nel settore dell’industria pesante la maggior parte dei beni ha subito un calo, il gas costa il 57% in meno rispetto ad un anno fa, stessa storia per il petrolio con il 22% in meno, l’elettricità con il 40% in meno, il rame con il 14% meno e l’acciaio con il 23% meno.
Lo stesso vale per il settore alimentare, il grano è diminuito del 39% e la soia dell’11,5%. Questo significa che se l’aumento generale dei prezzi in seguito all’aumento del costo di queste materie era inizialmente comprensibile, oggi sembra che le imprese stiano cercando di guadagnarci il più possibile.
Fabio Pannetta, l’italiano dell’esecutivo della Banca Centrale europea, durante un’intervista al New York Times, ha parlato dell’attuale situazione europea e italiana mostrando come i margini di profitto delle imprese sono aumentati nell’ultimo periodo. Prima della pandemia infatti la percentuale era al 7,2% ma con la ripresa post-Covid sono poi saliti e si sono stabilizzati tra l’8,5% e l’8,7%. Ciò significa che le imprese, per ottenere margini di guadagno, hanno pesato sulle spalle degli acquirenti i rincari delle materie prime facendoli pagare più di quello che loro stesse subivano.
Nell’ultimo rapporto ISTAT sulla competitività infatti, si parla di rincari “più che proporzionali all’aumento dei costi”.